Diritto

Elementi caratterizzanti il consenso informato

Il consenso deve essere:

  1. Personale: il consenso deve essere espresso direttamente dal paziente, purché cosciente ed interessato, in linea generale nessuno può sostituirsi al medesimo. Eccezione è l’ipotesi dell’infermo minore o incapace, anche se si potrebbe verificare che il malato rifiuti di essere informato, designando contestualmente altra persona a prendere decisioni a riguardo del presidio medico da adottare. Come altra ipotesi da considerare è quella del soggetto ricoverato in stato prolungato di incoscienza non ancora legalmente rappresentato, il quale abbia espresso in via anticipata precise volontà nell’ipotesi in cui si fosse venuto a trovare in tale circostanza. Come nell’ambito dei soggetti minori, bisogna distinguere le diverse età ed il diverso grado di maturità del minore, si pensi alla differenza tra un infante ed un adolescente.
  2. Esplicito: in altri termini il consenso non deve essere tacito perché è necessario essere certi che siano rispettati i diritti di autodeterminazione dell’infermo. A tal riguardo è prassi ormai consolidata quella di documentare l’adesione al programma terapeutico del paziente. Sottolineo al riguardo come importante è non ridurre tale pratica ad un mero onere burocratico sganciato dalla sua reale portata e significato, mossa solo dallo spirito di protezione e salvaguardia della categoria medica. In altri termini il modulo o supporto cartaceo standardizzato non dovrebbe mai sostituire una corretta ed adeguata informazione.
  3. Specifico: il consenso dovrà riguardare ogni fase del procedimento diagnostico e di cura, non potendo essere omnicomprensivo né irrevocabile. Il paziente dovrà pertanto essere informato sui possibili percorsi ed interventi alternativi, nonché delle possibili conseguenze.
  4. Consapevole: L’infermo dovrà manifestare autonomamente e coscientemente l’adesione al trattamento sanitario.

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Il comitato nazionale per la bioetica pervenne nel 1992 ad una risoluzione in tema di consenso informato che pare opportuno riportare:

    • In caso di malattie importanti e di procedimenti diagnostici e terapeutici prolungati il rapporto curante-paziente non può non essere limitato ad un unico fugace incontro;
    • Il curante deve possedere sufficienti doti di psicologia tali da consentirgli di comprendere la personalità del paziente e la sua situazione ambientale, per regolare su tali basi il proprio comportamento nel fornire le informazioni;
    • Le informazioni se rivestono carattere tale da poter procurare preoccupazioni e sofferenze particolari al paziente dovranno essere fornite con circospezione, usando terminologie non traumatizzanti e sempre corredata da elementi atti a lasciare allo stesso la speranza di una, anche se difficile, possibilità di successo;
    • Le informazioni relative al programma diagnostico e terapeutico dovranno essere veritiere e complete, ma limitate a quegli elementi che cultura e condizione psicologica del paziente sono in grado di recepire ed accettare, evitando esasperate precisazioni di dati ( percentuali esatte – oltretutto difficilmente definibili di complicanze, di mortalità, insuccessi funzionali) che interessano gli aspetti scientifici del trattamento. In ogni caso il paziente dovrà essere messo in grado di esercitare correttamente i suoi diritti, e quindi formarsi una volontà che sia effettivamente tale, rispetto alle svolte ed alternative che gli vengono proposte;
    • La responsabilità di informare il paziente grava sul primario, nella struttura pubblica ed in ogni caso su chi ha il compito di eseguire o di coordinare procedimenti diagnostici e terapeutici;
    • La richiesta dei familiari di fornire al paziente informazioni non veritiere non è vincolante. Il medico ha il dovere di dare al malato le informazioni necessarie per affrontare responsabilmente la realtà, ma attenendosi ai criteri di prudenza, soprattutto nella terminologia, già enunciati;
    • Il consenso informato in forma scritta (in genere consegnata ad apposita modulistica) è dovere morale in tutti i casi in cui, per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche, si rende opportuna una manifestazione inequivoca e documentata della volontà del paziente;
    • La richiesta di consenso informato in forma scritta è altresì un dovere morale del medico, nel caso di paziente incapace legalmente o di fatto, nei confronti di chi esercita la tutela o abbia con il paziente vincoli familiari (o di comunanza di vita) che giustificano la responsabilità ed il potere di conoscere e decidere, fermo restando che tali interventi hanno un significato relativo ed il medico, posto di fronte a scelte fondamentali per la salute e la vita del paziente, non è liberato dalle responsabilità connesse con i poteri che gli spettano.

 

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Giuseppe Reale

Sono un istruttore di Mindfulness e Counselor accreditato. Mi occupo di Riduzione dello stress e benessere nei contesti organizzativi aziendali, scolastici e personali per adulti, ragazzi e bambini.